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I 5 pilastri della leadership di Julio Velasco

Non serve essere un supereroe per diventare un leader, bastano alcune doti fondamentali che si possono apprendere con un po’ d’impegno

Ho sempre pensato che per diventare un leader fosse necessario essere un supereroe. Non è possibile guidare le persone senza avere virtù eccezionali ed eccellere dappertutto.
Come se per diventare leader tu debba per forza essere il numero uno.

Ecco, niente di più sbagliato.
Le doti della leadership sono ben altre e gran parte di esse non sono per nulla innate ma si possono apprendere con un po’ d’impegno.
Julio Velasco ha sintetizzato in un bellissimo video i suoi 5 pilastri della leadership e ho cercato di raccontarli in quest’articolo, come sempre a modo mio.

Il leader deve essere sè stesso

E’ inutile fingere di essere quello che non sei. Si può essere leader in tanti modi, quello che** non funziona di sicuro è cercare di diventare qualcun altro, perchè gli altri si accorgono subito. **
E quando lo fanno o ci ridono dietro o ci massacrano.
Perchè se grattano la superficie e sotto sotto non trova la stessa cosa, capiscono che è tutta finzione.
Se è tutta apparenza, ti assicuro che non funziona.

Non è detto che il leader debba essere un duro. C’è chi lo è chi non lo è

Ci sono tanti leader gentili ma non meno autorevoli, hanno semplicemente un altro modo di approcciarsi ottenendo comunque gli stessi risultati.

Il leader deve essere autorevole

Cioè deve sapere MOLTO di quello che parla.
Deve conoscere i particolari. Non parlare con schemi preconfezionati, perchè altrimenti gli altri si accorgono.

“Gli altri lo vedono subito che non so” dice Velasco “Se mi danno un’ora per studiare, posso parlare di qualsiasi argomento ma se ne accorgono subito che non sono autorevole. Sapere è un’altra cosa.”

Come si vede se uno è autorevole?
Se non ha problemi a ricevere domande o discutere entrando nel merito.
Se si apre alle diverse situazioni e al dibattito e non riduce tutto a un unico schema pre-confezionato

Come si diventa autorevoli?
Studiando e sperimentando sulla nostra pelle. Se non lo conosciamo dobbiamo ascoltare e dobbiamo studiare. Dobbiamo imparare da tutti anche da quelli che stanno sotto di noi, o dai più giovani, se sono più avanti di noi su determinati argomenti vale la pena fermarsi e ascoltare.

Perchè dire “non lo so” non significa essere meno autorevoli, dobbiamo avere il coraggio di farlo.

Se invece ostenti conoscenza e dici cose generali non entrando nei particolari perchè NON li sai, allora non puoi pretendere di avere autorevolezza.

Il leader deve essere severo ma giusto

Significa che deve avere il senso di giustizia.
Pensiamo ai professori che abbiamo avuto a scuola. Ci sono stati professori duri, durissimi e anche molto esigenti, li sfottevamo, protestavamo ma non ne parlavamo con odio. Perchè erano giusti, erano duri con tutti, erano esigenti con tutti.

C’erano invece professori ingiusti, che davano voti in base alle preferenze.
Un giorno davano un voto alto alla studente che le stava simpatica anche se l’interrogazione non era granchè, il giorno dopo dava un voto basso a un altro anche se oggettivamente non se lo meritava.

Noi dobbiamo essere e SEMBRARE giusti.

Perchè sembrare? Perchè alcune volte pensiamo di essere nel giusto ma le nostro persone non lo percepiscono come tale. Quindi dobbiamo fare capire che anche se ci comportiamo in un modo che sembra ingiusto in realtà non lo è.
Dobbiamo togliere ogni possibile dubbio ed evitare ambiguità.

Se diciamo dei no che sembrano ingiusti, spieghiamoli “purtroppo devo dirti di no perchè siamo in questa situazione, in un’altra situazione avrei potuto dirti di sì”

Devo spiegare la mia durezza, per non essere additato come “ingiusto” e non perdere la fiducia delle persone.

Dobbiamo metterci sempre dall’altra parte del bancone e cercare di capire come veniamo percepiti. Quindi ribadisco, dobbiamo essere e sembrare giusti.

Il leader deve combinare il chiedere con l’aiutare

Non puoi solo chiedere. Per fare in modo che le persone ti seguano è necessario aiutare nei problemi. Esserci quando le persone hanno bisogno di noi, dare supporto.

Dobbiamo essere bravi a trovare questo equilibrio cioè combinare la grande esigenza, l’impegno e il raggiungimento del risultato, con l’aiutare le persone nei i loro problemi.

Il leader devi imparare a bilanciare questi due aspetti, capire quando è tempo dell’uno e quando è tempo dell’altro.
Non possiamo chiedere se non aiutiamo e supportiamo prima di tutto.

Il leader crea senso di appartenenza tramite l’affettività

Questa caratteristica è bellissima e dal mio punto di vista assolutamente geniale. Velasco sostiene che il senso di appartenenza nasce dall’affettività. Non puoi farlo nascere con questioni tecniche ma solo grazie ad un certo tipo di relazione che instauri con le persone.

Non puoi parlare solo di lavoro, cose da fare, tattiche e obiettivi, non creerai mai senso di appartenenza in questo modo.

Devi ricercare situazioni di affettività, in cui ci si parla con il cuore, dove vengono fuori le vite personali di ognuno e si condividono gioie e paure.

Quanto? Quanto basta.
E’ necessario tenere un giusto equilibrio tra affettività e professionalità.
E’ un male esagerare sia con l’uno che con l’altro, rischiando di essere troppo affettivo o troppo professionale.

Se non c’è affettività, non c’è senso di appartenenza.

Bastano cose piccole.
Velasco diceva ai magazzinieri della Lazio “Se la squadra lavora come voi, vinciamo lo scudetto” e loro si sentivano super orgogliosi.
Pensavano “Io sono parte della mia società. Io sono parte di qualcosa di grande.”
Se si vince, tutti devono ricevere un premio.
La coppetta a tutto lo staff o la mensilità in più sono segnali che comunicano “tu sei parte della squadra”

Sono segnali di affetto e servono per creare appartenenza.

Hai mai chiesto a un collaboratore “Come sta tua moglie?”
quando ti chiede un permesso?
Prova a chiedere come va a casa, mi informati sulla sua vita. Sono piccoli gesto di affetto, non ci vuole molto.

Cose che sembrano minuscole ma che hanno valore enorme nel creare affettività e senso di appartenenza.

Foto di David Jakab da Pexels